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BRONI. Una chiesa e i suoi tesori. Mentre sta procedendo il restauro del campanile, torna l’attenzione per la parrocchiale.Tra le tante ricchezze della basilica di Broni, spicca il Martirio di San Pietro

BRONI. Una chiesa e i suoi tesori. Mentre sta procedendo il restauro del campanile, torna l’attenzione per la parrocchiale.Tra le tante ricchezze della basilica di Broni, spicca il Martirio di San Pietro apostolo: la tela, collocata dietro l’altar maggior, sopra il coro ligneo, è di difficile attribuzione, per la mancanza di documenti certi. Con ogni probabilità, risale al Seicento ed è opera di Carlo Francesco Nuvolone, membro di una famiglia di pittori di scuola lombarda. Ora gli esperti si interessano dell’opera. Ed è un giallo che può riservare importanti sorprese. «Nella figura in basso a destra c’è una figura di donna con un movimento he ha delle reminiscenze di Sebastiano Ricci. – spiega Luca Sforzini, perito d’arte, tra i fondatori dell’Archivio storico dei pittori che hanno operato nel pavese- Verso il 1680 Ricci lavorò dai Farnese a Piacenza, dunque si trovava in zona. Non si può escludere abbia influenzato l’autore del quadro della basilica di Broni. Senza esluderne che sia lui stesso l’autore anche se questa eventualità ne collocherebbe la datazione a fine Seicento». Ma le stranezze del dipinto non sono finite qui: «Nella parte in alto a sinistra, – sottolinea Alda Guarnaschelli, bronese, docente di storia dell’arte – si intravede un gruppo di soldati e sullo sfondo un tempio pagano: sembra esserci una sorta di “disprezzo” del martirio di San Pietro». Secondo altre fonti, la tela proverebbe dalla dismessa chiesa di San Bernardo a Milano, dove il Nuvolone lavorò. Ma alcuni affermano che il quadro raffigurasse il Martirio di San Pietro domenicano, ossia San Pietro da Verona. Quindi una figura diversa rispetto a quella rappresentata sulla tela della basilica bronese. L’opera è stata restaurata nel 1926 da Mauro Pellicioli e nel 1988 per volontà dell’allora arciprete monsignor Beccaria. «Presenta caratteristiche di grande interesse – conclude la Guarnaschelli – che non escludono l’attribuzione ad un autore più importante. Si tratta sicuramente di uno dei tesori della nostra basilica, che meriterebbe di essere valorizzati».

Franco Scabrosetti

La Provincia pavese 9.06.2013

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Aligi Sassu scrisse dell’artista: «Uno dei creatori del nuovo stile»

CASTEGGIO. “Giandante – Un grande del’900” è il titolo della mostra, curata da Edoardo Varini, che apre i battenti negli spazi della galleria Luca Sforzini Arte, in via Porro 2. In parete 130 opere realizzate dall’artista milanese (1899-1984) tra gli anni Venti e Settanta del Novecento, che ripercorrono la vita di questo singolare personaggio, pittore, scultore e architetto, ma anche poeta e filosofo. All’anagrafe Dante Pescò, divenne poi Giandante, cioè “eterno viandante”, con quella “G” davanti che sembra “God”, Dio, il Grande architetto-eterno viandante, e quella “X” in coda “che vale come l’Incognito che inscalfibile ci attornia”, commenta il curatore. Pare provenisse da una famiglia borghese. Persona schiva e solitaria, all’età di sedici anni l’abbandonò per intraprendere la sua vita di artista girovago. Molto attivo nella scena artistica milanese, condivise idee ed esposizioni con i grandi artisti del tempo, quali Carlo Carrà, Aligi Sassu, Mario Sironi, Renato Birolli, Bruno Munari e Giacomo Manzù. Autonomamente e in contrapposizione con il secondo futurismo, sviluppò un linguaggio di tipo costruttivista, utilizzato anche per illustrazioni nei primi numeri del giornale comunista L’Unità. A vent’anni presentò le sue opere in svariate mostre, ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica. Espose alle prime Biennali di Monza e nelle più importanti gallerie di Milano. Anarchico, partecipò attivamente alla Guerra di Spagna, dove svolse un ruolo attivo per la produzione di materiale grafico di propaganda per le Brigate Internazionali, e in seguito venne fatto prigioniero in Francia. «Se ne accorgeranno tra qualche anno – scriveva di lui Aligi Sassu –, a Milano c’era Sironi, che era fascista populista, e Giandante, l’anarchico antifascista. è stato uno dei creatori dello stile Novecento; conosce trenta galere europee, scrive versi come Jacopone». E passò la vita scrivendo, dipingendo tele drammatiche, grandi e potenti volti a carboncino, manifesti e illustrazioni per giornali di sinistra, poesie scolpite in una materia linguistica incandescente; e fu sempre pronto ad accorrere dove la battaglia era per le lotte di liberazione dei popoli. «Giandante – spiega Edoardo Varini – cerca fratelli di lotta, e li trova, e li chiama “Cappe nere”, e li riunisce in un sotterraneo di piazza Duomo a Milano, ed insegna loro a combattere. Nel ´23 lo arrestano e lo torturano fin quasi a farlo impazzire. Ma falliscono, e il giorno dopo parla dell´accaduto come di ordinaria amministrazione. è di nuovo in piedi, a combattere. Si crede Robespierre, anche fisicamente, dice chi l´ha conosciuto bene. E forse lo è, per come osa e agisce». Info tel. 331-4125138. (c. arg.)

30 gennaio 2013

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Zatti: «Madre intellettuale, un manuale la sua ultima fatica»

La mostra nel 2003 per gli 80 anni. Il perito Sforzini : «Un riferimento nella certificazione di tante opere d’arte»

 

PAVIA. Domani alle 15 al cimitero di Lambrate l’ultimo saluto in forma laica a Rossana Bossaglia che si è spenta in Oltrepo è ha insegnato storia dell’arte all’Università di Pavia. Qui ha lasciato un segno fortissimo.

«Per me è stata una madre intellettuale: sono stata sua allieva, mi ha seguito nella mia carriera e ho collaborato con lei – ricorda Susanna Zatti , direttrice dei Musei civici di Pavia – Una figura importante per la critica e storia dell’arte: non a caso nel 2003 abbiamo festeggiato i suoi 80 anni con una mostra in Castello con i ritratti che le hanno dedicato diversi importanti artisti». Un pilastro, insomma. «La sua ultima fatica è stata un manuale di storia dell’arte per i licei. Ne era orgogliosa: era bello pensare che, come si è studiato sull’Argan si potesse studiare sul Bossaglia. Le sono stata vicina anche in questo sforzo, lo meritava, era una studiosa e una persona unica».

Un vuoto che si pesa anche in altri contesti, come è lo stesso mercato dell’arte. «Rossana Bossaglia – afferma Luca Sforzini, gallerista e perito d’arte– era un punto di riferimento imprescindibile per autenticare e riconoscere opere d’arte come ad esempio quelle legate alla Scapigliatura lombarda e cito ad esempio l’opera di Tranquillo Cremona. Senza Bossaglia sarà tutto più difficile». E domani all’ultimo saluto in tanti tributeranno insieme al nipote Luca, l’omaggio a chi ha insegnato la passione per l’arte.

 

La Provincia pavese 14 luglio 2013 pag.12 

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IL PROGETTO 
«Museo itinerante per l’Expo»
Opere in deposito esposte nelle scuole: contatti con gli enti
 
L’idea: mettere in mostra le opere “non esposte”, conservate nei depositi dei Musei Civici di Pavia. Una cornice: la città e la sua provincia in vista di Expo 2015.
A lanciare questa proposta è Luca Sforzini, responsabile dell’Archivio Storico degli artisti pavesi che ha già avviato i primi contatti: «Mi rifaccio – dice – al progetto dell’ex assessore alla cultura di Milano Stefano Boeri che ha suggerito di valorizzare i tesori nascosti della Pinacoteca di Brera con esposizioni disseminate negli edifici pubblici. Quest’idea può essere riprodotta anche nel pavese partendo dall’importante realtà museale del Castello visconteo. Contribuirebbe ad intercettare migliaia di visitatori».
Sforzini immagina già alcune location per queste mostre itineranti tese a rafforzare il rapporto tra opere d’arte e pubblico, in particolare le nuove generazioni: si parte dai castelli di Voghera e Belgioioso, restaurati da poco ma ancora privi di autonome collezioni, per arrivare alla Certosa Cantù di Casteggio, ai castelli dell’alto Oltrepo e perché no alle scuole di tutti gli ordini e gradi. «L’operazione non dovrebbe comportare alti costi per le istituzioni – ha spiegato Sforzini durante i primi incontri –: le uniche spese vive sarebbero quelle assicurative, che in genere ammontano all’1% del valore complessivo dell’opera. Da parte dell’Archivio e da parte mia la massima dispomibilità a collaborare in questa operazione culturale». Non mancano i primi riscontri positivi alla proposta .
«Mi sembra un progetto da non sottovalutare – ha commentato il presidente della Provincia Daniele Bosone -: lo porteremo avanti nelle sedi adeguate già nelle prossime settimane. Oltre alle opere di arte figurative, sarebbe bello valorizzare anche il patrimonio archeologico».
Altrettanto favorevole l’assessore alla Cultura del Comune di Pavia, Giacomo Galazzo «I nostri musei hanno opere inesposte, ma non certo abbandonate – spiega l’amministratore pavese – Se ci saranno le adeguate tutele, sarà un piacere farle riscoprire ai cittadini e anche, perchè no, agli studenti: come Comune abbiamo raccolto con interesse questo stimolo». (a.f.)
 
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IL GIORNO – Quotidiano Nazionale

5 agosto 2013 – Lombardia

L’INTERVISTA – IL PERITO d’ARTE LUCA SFORZINI PARLA DELLA TENTATA TRUFFA AVVENUTA A PAVIART

“Il certificato, unica garanzia per chi compra un quadro”


PAVIA – “E’ una situazione “da manuale”: cosa si rischia acquistando un’opera d’arte”. Luca Sforzini, perito d’arte, risponde così alla richiesta di un commento sulla vicenda che ha portato i carabinieri a denunciare, per truffa e tentata estorsione, il 70enne S.B. (residente a Milano ma conosciuto anche sul mercato pavese). I militari della Compagnia di Pavia sono intervenuti a seguito della denuncia di un collezionista pavese, che acquistando un dipinto attribuito all’autore francese Yves Klein, dando in permuta 6 dipinti di diversi autori (per un valore stimato di 120 mila euro), s’è trovato in possesso di un quadro definito falso da una perizia successiva allo scambio. 
Cosa succede ora al quadro sequestrato? “La questione potrebbe diventare di competenza del Nucleo tutela patrimonio artistico dell’Arma di Monza. Bisognerà verificare l’autenticità del quadro: se dovesse risultare falso, le ipotesi sarebbero di falso e ricettazione”. 
Acquistando un’opera d’arte, come ci si può tutelare? “Il venditore professionale è tenuto a rilasciare certificazione d’autenticità dell’opera contestualmente alla vendita”. 
L’episiodo è avvenuto durante PaviArt: non si è più tutelati in simili sedi? “Era una manifestazione alla sua prima edizione, sono certo che in seguito verrà istituito un comitato tecnico-scientifico che possa vigilare”.

S.Z.

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“L’arte in scuole e castelli”  – Luca Sforzini lancia l’idea

CASTEGGIO. Scuole, come il liceo di Broni, edifici pubblici o castelli potrebbero diventare musei itneranti per riscoprire il fascino di opere dimenticate. L’appello viene lanciato da Luca Sforzini, responsabile dell’Archivio storico degli artisti pavesi.

«Mi rifaccio alla proposta dell’assessore alla cultura di Milano – spiega – che propone di usare il patrimonio nascosto della Pinacoteca di Brera, per esposizioni negli edifici pubblici in vista dell’Expo 2015. Anche i Musei civici di Pavia hanno opere che non sono esposte. L’idea: mostre itineranti di tesori nascosti in prospettiva Expo. Penso – aggiunge – a edifici di pregio dell’Oltrepo, come il castello di Voghera, la Certosa Cantù di casteggio, o i castelli dell’Alto Oltrepo. Un ulteriore spunto potrebbe essere di portare queste mostre nelle scuole, avvicinando l’arte alle giovani generazioni». (f.s.)

 

La Provincia pavese 11 agosto 2014 pag.14 

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Le opere di quattro grandi artisti pavesi a confronto – Ornati, Raffele, Mantica e Viriglio a Casteggio, Galleria Luca Sforzini Arte
 
La Provincia pavese 06.03.2013 pag.49 – ARTE
 
CASTEGGIO -Il contemporaneo e l´innovazione ma anche la tradizione e il patrimonio locale:la galleria Luca Sforzini Arte, dopo mesi dedicati a codici e artistidecisamente “attuali”, getta un occhio alla storia, quella passata di recente,e si concentra su nomi legati al territorio pavese. “Per attirare l´attenzionedella città – spiega Luca Sforzini –  su piccoli pezzi del suo patrimonio artistico e culturale,dando un impulso alla valorizzazione culturale degli stessi e alla crescita diconoscenze e consapevolezza sull´argomento anche presso gli organid´informazione, le Istituzioni e le pubbliche Amministrazioni della Provincia”.Sino alla fine di marzo gli spazi della galleria ospitano “Ornati-Raffaele-Mantica-Viriglio:4 opere di 4 grandi artisti pavesi a confronto”, ovvero quattro dipintisignificativi che dialogano tra loro. C´è l´Ingresso di villa di Mario Ornati(Vigevano 1887-Milano 1955), un olio su tela del 1919, e accanto i “Bastioni di Porta Garibaldi” di Riccardo Viriglio (Pavia 1897-1951), il “Paesaggio” di AmbrogioRaffele (Vigevano 1845-1928), un olio su cartone, e l´”Approdo in Valganna” di Alfredo Mantica (Senago MI 1904-Broni 1996), un pastello a cera su cartoncino del 1963.Riccardo Viriglio, colorista amato dal pubblico e dalla critica, era allievo diGiorgio Kienerk alla Civica Scuola di Pittura di Pavia, e quindi del Talloneall´Accademia di Brera. Ambrogio Raffele, capace di conferire equilibrio edarmonia ai suoi dipinti con sapiente dosaggio di volumi e colori, avevastudiato con Fontanesi e Andrea Gastaldi all´Accademia Albertina di Torino edera amico del grande maestro americano Sargent. Mario Ornati, professoreall´Accademia di Brera e poi a Palermo, raccolse ovunque plauso, apprezzamentoe  riconoscimenti.  Tra gli altri,Carlo Carrà ne lodò molto l´opera. Alfredo Mantica, forse il più conosciuto dei quattro, era amico di Birolli, Guttuso, Manzù e Sassu, e insieme con loro nellastorica mansarda di piazzale Susa (a Milano) diede il via a “Corrente”, ilmovimento artistico che negli anni ´30 e ´40 del Novecento portò una scossaalla cultura italiana. Mantica era pittore, ma anche ceramista e non disdegnòneppure l´affresco e il mosaico (un suo “Presepe” è in Sant´Ambrogio a Milano).Tentò tutte le tecniche, provando perfino l´informale, che eseguiva ascoltandodischi di jazz. Ma il suo forte era e restava la figurazione: amava i colorilimpidi, di un fauvismo disteso e sereno, tanto distante dal chiarismopostnovecentesco. Amava inoltre la natura: dipingeva fiori, nature morte,composizioni e paesaggi, quei paesaggi dell´Oltrepò cui era tanto affezionato.Non era mai stato e continuava a non essere un pittore di provincia, aveva unapersonalità specifica e un orizzonte internazionale. Oggi le sue opere sitrovano in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, da Parigi a Tokyo,da New York ad Alessandria d´Egitto. La mostra è visibile su appuntamento: tel.331-4125138  –  www.lucasforziniarte.it  – lucasforziniarte@libero.it.

Chiara Argenteri
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I consigli del gallerista Sforzini

da IL GIORNO 14.05.2012 – pag.4 LOMBARDIA

di GIAN MARCO WALCH


— MILANO —


STIME, valutazioni, inventari, assistenza alla compravendita. Perito ed esperto della Camera di Commercio di Pavia, Luca Sforzini vanta una conoscenza più che decennale del mercato dell’arte, difficile sino al limite dell’oscurità.
Luca Sforzini, per soldi o per amore? Rinunciare al caldo panorama delle Maldive per godersi nel salotto di casa le più discrete «Tenerezze» di Tranquillo Cremona è una scelta estetica? O un più prosaico investimento?
«Entrambe le motivazioni. Il mercato dell’arte non è mai stato così depresso. Io ho quarant’anni e non conosco risultati d’asta così bassi negli ultimi due, tre decenni. Prenda Sergio Dangelo, nel 1951 fondatore insieme con Baj della Pittura Nucleare: una sua opera, un bel 50 per 70 centimetri, di un periodo non particolarmente pregiato, a tecnica mista, oggi si può acquistare a un prezzo compreso fra i 1.000 e i 1.200 euro. E per i dipinti dell’Ottocento la musica è la stessa. Anche per i Lodola è il momento di comperare».
Una congiuntura favorevole solo per i collezionisti privati? O anche per gli enti pubblici?
«Per tutti. Anche per istituzioni con i bilanci a terra sarebbe il momento di rimpolpare le proprie collezioni. Oggi chi ha un ruolo pubblico e un minimo di liquidità può restituire alla fruizione pubblica opere altrimenti destinate a sparire in ambito privato».
Le crisi, a volte, aguzzano gli ingegni. Qualche scoperta particolare, in questi tempi difficili?
«Quattro tele di Sebastiano Ricci».
Il Veneto vissuto a cavallo del Settecento dal prodigioso mestiere, il virtuoso che sapeva contraffare ogni maniera?
«Proprio lui. Quattro tele difficili da trovare, monumentali, degne di prestigiosi musei. Valutate oggi un quarto di quanto meriterebbero».
Le mostre rivalutano le opere d’arte?
«Sì, se sono bene organizzate. Un conto è l’esposizione allestita dal gallerista: lui tira l’acqua al suo mulino. Altro discorso per le mostre organizzate dal Comune di Pavia o, a Milano, da Palazzo Reale: loro sì riportano l’attenzione su autori dimenticati, li rivalutano».
Proprio Pavia in questi ultimi anni è stata molto attenta a rivalutare i propri tesori.
«È vero, gran parte della mostra sulla pittura italiana nel XIX secolo che ha avuto tanto successo all’Ermitage di San Pietroburgo era costituita da opere della Quadreria pavese. La città ha registrato una svolta, indipendentemente dal colore politico di chi la governa».
Sforzini, lei ha il polso del collezionismo in città ma anche in provincia. Dove tira di più?
«In città, senza dubbio».
Ma le serate nella sua galleria di Casteggio vedono spesso il tutto esaurito.
«Eventi di nicchia. Per i grandi numeri, inevitabile la città».
E il concettuale? Tira ancora?
«Non se ne può più, roba vecchia. Vede, il contemporaneo è difficile: inutile buttare via soldi per un artista che all’estero, a Bruxelles, per esempio, non conosce nessuno».
Ma lei che preferisce Tranquillo Cremona alle Maldive, su quelle isole c’è stato?
«Certo, qualche anno fa, con quella che ora è mia moglie. Bellissime. Ci tornerei».

 

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Joseph Kaliher, un surrealista tra Lomellina e mondo hippy

Ha scelto di vivere a Vigevano il pittore texano che si ispira a Tim Burton e collabora con Paloma Picasso. I suoi ultimi quadri sono esposti a Casteggio

 

CASTEGGIO. Fine d’anno in stile simbolista-surrealista: il gallerista Luca Sforzini, che è attratto dall’arte d’Oltreoceano, dopo Michael Green stavolta sceglie l’americano Joseph Kaliher (classe 1970), «per il suo stile inconfondibile fiabesco, apparentemente allegro, densissimo di richiami simbolici e profonde riflessioni sull’animo umano; insomma, un vero e proprio maestro del Nuovo Simbolismo Surrealista».

Kaliher, che dopo il matrimonio con una ragazza vigevanese ha scelto di vivere nella città ducale, è in effetti un artista molto particolare: nato in una comunità di hippy americana, ha sempre viaggiato in tutto il mondo. I suoi lavori hanno ereditato i colori accesi tipici degli hippy e il loro messaggio favolistico e pacifista. Le sue opere mediano tra tecnica pittorica e illustrazione, e immergono il pubblico in un’atmosfera da sogno, vagamente alla Tim Burton. Colori accesi, pastello, ribaltamento delle prospettive, attenzione al mondo naturale e a quello dell’infanzia: Kaliher produce quadri che possono coinvolgere tanto il pubblico più attento all’arte quanto quello dei bambini. Per celebrare questa nuova alleanza, Sforzini ha organizzato una mostra (nella sede di via Porro 2) con il meglio della sua recente produzione. Joseph Kaliher nasce vicino a Ranger, in Texas, ma ha ben poco di americano, perché a due anni segue la madre che si trasferisce in Italia insieme al secondo marito, il duca Emanuele Canevaro di Zoagli. Cresce tra il Bel Paese e l’Inghilterra, terminando gli studi secondari a Leicester, nel collegio dei Padri Rosminiani. Riceve lezioni private nella tradizione d’arte classica dal maestro Maurizio Martelli dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, e si diploma quindi al rinomato Institut Superieur de Peinture Van Der Kelen et Longelain a Bruxelles, dove si specializza in pittura trompe l’oeil, faux bois et marble alla maniera fiamminga, sotto la tutela di Clemente Van Der Kelen. Apprezzato dal jet set internazionale (collabora, tra gli altri, con Paloma Picasso e con il famoso architetto Michele Bonan), Kaliher lavora anche con la televisione, e crea scenografie per alcuni importanti talk shows. Dopo l’11 Settembre, partecipa all’Art Expo di New York, e da quel momento nelle sue opere si accentua l’aspetto sociale, valore aggiunto determinante per la storicizzazione di un artista che non rifiuta il confronto con il quotidiano. I suoi lavori si trovano, tra le altre, nelle collezioni della Fondazione Enrico Coveri e al Museo di Arte contemporanea di Villa Demidoff a Firenze. Per informazioni tel. 331-4125138.

Chiara Argenteri

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